Antica Biscari

castelloPunto di confluenza di tre territori (le province di Ragusa, Caltanissetta e Catania), diversi non solo geograficamente, ma anche socialmente e culturalmente, Acate può offrire più di un "pretesto" per essere visitata tutto l'anno.

Uscendo dal centro abitato si possono ripercorrere le tracce delle tante civiltà che si sono avvicendate sul suo territorio oppure fare il "pieno di sole" sulla spiaggia quasi africana di "Macconi". E durante il giro approfittarne, magari, per vedere con i propri occhi, in campagna, dove sono sorte, grazie all'attivismo dei suoi imprenditori, le aziende serricole, floricole e vinicole conosciute e apprezzate in tutto il mondo.

Ma volendo limitare la vostra visita al centro storico cittadino troverete tanti spunti interessanti nel nostro patrimonio storico-monumentale. "Tesori" come il Castello dei Principi di Biscari e l'annessa Chiesa di S. Vincenzo Martire, il Convento dei Cappuccini, il Collegio di Maria e la Matrice raccontano di personalità munifiche, di un popolo religioso, attento al bello e al particolare.

Acate è una terra che fa respirare l'aria dei buoni sentimenti antichi e tramanda di generazione in generazione anche una genuina e squisita tradizione gastronomica. Il calore e l'accoglienza dei cittadini vi colpiranno subito: se chiederete, essi saranno disponibili, infatti, a trasformarsi in ciceroni e, insistendo ancora, non faticheranno a farvi assaporare qualche piatto tipico di giornata. Si può continuare a venire ad Acate, per fede o per passione, la terza domenica dopo Pasqua, per i festeggiamenti in onore di S. Vincenzo ed il suo Palio, ma la cittadina ha tutti gli "ingredienti" per essere conosciuta e apprezzata in tutte le stagioni.

 

Siate dunque i benvenuti.

 

Il territorio

 

panoramica_ridottaAcate (199 m sul livello del mare; 8360 abitanti) sorge al limite dell'altopiano ibleo, laddove esso digrada verso il mare, e riguarda una fertile vallata dove scorre il fiume dirillo.

Il territorio, per le sue caratteristiche di fertilità ed irrigabilità, reca tracce di un diffuso processo di colonizzazione in età romana, con persistenze negli stessi siti in età araba. importante ed assai significativa è inoltre la presenza di un imponente rudere in c.da Casale, identificabile con i resti della città di Odogrillo del periodo svevo, nomanno e aragonese (XI-XIV sec.)
Gli studi e le ricerche su queste testimonianze del passato sono ancora in corso, ma tuttavia appare inquivocabile come l'intero territorio possa essere per gli studiosi e per gli archeologi fonte di inesauribili sorprese.

La fondazione di Acate, chiamata Biscari fino al 1938, nel sito attuale risale alla fine del XV secolo, ad opera di Guglielmo Raimondo Castello, che fondò il primitivo borgo (odierno quartiere San Vincenzo) e il Castello.
Verso la metà del Seicento circa, Agatino Paternò Castello, I Principe di Biscari,ristrutturò ampiamente il Castello e ne ribaltò la fronte principale, a riguardare il nuovo centro da lui rifondato secondo un impianto urbanistico ortogonale. Egli dotò la città delle chiese (Chiesa Madre, dedicata a San Nicolò, riedificata nel 1859, dopo i terremoti dle 1693 e del 1846; CHiesa di Sant'Antonio, oggi del Carmelo, Chiesa dell'Abbazia di San Giuseppe).

busto di vinceno paterno_ridottoUn nuovo impulso edilizio si ebbe nel settento col Principe Vincenzo Paternò Castello, che realizzò diversi importanti interventi di ristrutturazione del Castello, danneggiato dal terremoto del 1693, e che fece edificare il Collegio di Maria, il Convento dei Frati Cappuccini e la Chiesa di San Vincenzo -nell forme odierne - in uci è custodito il corpo del Santo Martire, Santo Protettore della Città, in onore del quale si svolge ogni anno, la terza domenica dopo Pasqua, il tradizionale Palio, una corsa di cavalli con fantini nel centrale Corso Indipendenza, di grande richieamo turistico.
Altre manifestazioni di interesse folkloristico sono le celebrazioni della Settimana Santa, ed in particolare le processioni e la Sacra Rappresentazione del Venerdì Santo, la Cena di San Giuseppe, mentre da diversi anni a questa parte ha assunto notevole rilievo il Carnevale con la sfilata di carri allegorici, realizzati da valenti artigiani locali, e il Settembre a Biscari, una serie di manifestazioni volte alla riscoperta delle tradizioni contadine ed all'approfondimento degli studi di storia locale.

A circa 13 km dal centro urbano sorge il villaggio a mare di Macconi, che trae il nome dalle caratteristiche alte dune sabbiose tipiche di questo tratto di costa, su cui nasce ancora la ormai rara retama un sorta di ginestra bianca dall'intenso profumo, che cresce soltanto sulle coste settentrionali dell'Africa, testimoniandone l'antichissimo legame geologico con la nostra isola.

vignaL'economia di Acate si fonda essenzialmente sull'agricoltura, con prevalenza delle conture agrumicole e vitivinicole, nonchè dei primaticci in serra e floricole. Le aziende, per lo più medio-picocle offrono una produzione di alta qualità sia dal punto di vista organolettico, che estetico; tuttavia la crisi che grava su questo settore produttivo impedisce in atto una proficua commercializzazione, provocando serie difficoltà ai produttori, anche alle aziende di una certa entità, ed impedendo i reinvestimenti nel settore.

Discorso a sè merita il settore floro-vivaistico, che vede presenti sul territorio grandi aziende che utilizzano tecnologie avanzate e che vantano una produzione leader sul mercato europeo. Negli ultimi decenni si è andata affermando inoltre una produzione vitivinicola che dall'antica tradizione ha saputo realizzare e proporre al mercato, anche internazionale, vini di pregio.

Da punto di vista della fruizione turistica, il territorio si presenta ricco di potenzialità, non solo per lo spendido sviluppo della costa e per il nascente agriturismo, che offre già alcune valide strutture ricettive, ma anche per il suo patrimonio storico-artistico, che a giusto titolo fa includere Acate in alcuni itinerari interprovinciali, in corso di studio e attuazione.

 


Storia, siti, monumenti

 

In un territorio ricco di siti archeologici sull'una e l'altra sponda del fiume Dirillo, dirillo_ridottaun tempo imponente per la portata di acqua, tanto da essere navigabile, Acate si pone quale unico centro abitato dalla storia per certi versi ancora oscura.
Il legame con territorio costituisce motivo di grande interesse per le numerosissime tracce di insediamenti presenti a partire dall'età preistorica.
Fra questi uno dei pochi siti sottoposti a scavo stratigrafico è quello neolitico di Poggio Biddini, situato a mezza costa, sulla sosponda destra del Dirillo. Sul fondovalle pare dovette poi sorgere in epoca romana (età repubblicana) la città di Bidis, ricordata dalle fonti storiche, individuata da Biagio Pace, ma non altrimenti documentata, se si escludono ritrovamenti di cocciame sparso e monete in una vasta area trasformata dalle attività agricole.

Molti siti della nostra valle del Dirillo hanno avuto sorte analoga: basti ricordare le contrade Pirrera, Canale, Codda, Casale, Tatappi, Cozzo Cicirello, casale_ridottaPiano del Pizzo: scarsi frustali, monete, resti ceramici, tratti murari sono quel che resta da decenni di trasformazioni ed espoliazioni, ma rendono comunque possibile ricostruire la fisionomia della valle che, a partire dall'età greca, venne colonizzata mediante l'insediamento di casali quali centri agricoli produttivi.
Fertilità del suolo, abbaondanza d'acqua per usi irrigui, facilita dunque gli elementi che perpetuarono la vita e l'attività di questi nuclei abitativi negli stessi siti, anche in età romana e bizantina.

La produttività dei latifundia in epoca romana imperiale toccò livelli mai raggiunti prima, e ciò è documentato dalla Villa di Cozzo Cicirello, l'unico altro sito regolarmente scavato e sottoposto a saggi, i cui pochi resti lasciano solo supporre quali dovettero essere le sue dimensioni ed il suo sfarzo.
Nei secoli bui che seguirono, a causa delle incursioni di pirati e dell'invasione araba, solo alcuni casali bizantini sopravvissero, trasferendosi in posizioni soprelevate rispetto al fondovalle.
Fra quesi l'insediamento di Torre Vecchia di Casale che da masseria fortificata andò via via assumendo nel corso dei secoli la fisionomia di grosso borgo feudale.

Qualche secolo dopo, placate le incursioni dei vari invasori di turno, cessate le guerre per il dominio dell'isola e riconosciuto un potere forte ed unitario, venne fondata sulla sponda sinistra del Dirillo quella che ormai con tutta probabilità va indentificata con la città di Odogrillo, di  cui si erge un imponente tratto di mura.
Molti segni indicicano la grande estensione di questo sito, che attende di essere sistematicamente indagata e che sicuramente costituisce un rarissimo esempio di struttura urbana, fiorente tra l'XI ed il XIV secolo, poi abbandonata e mai riedificata: ben si comprende l'eccezionalità che si offre all'archeologia medievale.
Nel corso del XV secolo l'eredità di Odogrillo, che andò rapidamente spopolandosi, dovette essere raccolta dal borgo che nel frattempo si sviluppò a Torre Vecchia di Canale, quel Casale Biscari protetto non solo dalla natura dei luogi e da un estesa cinta muraria, ma anche da una grande Abbazzia, il cui nucleo originario, poi ampliato e rimaneggiato nel corso dei secoli, prospiciente la valle e la C.da Canale, si attesta tra l'odierno Piano San Vincenzo e la via San Giuseppe.
Questa Abbazia dovette costituire il fulcro politico ed economico attorno al quale si svolgeva la vita fiorente del borgo.
retro castello_ridottaIl feudo, a partire dall'età angioina, fu oggetto di diverse concessioni e passaggi, finchè ne fu investito Guglielmo Raimondo Castello che, nel 1494, edificò il Castello e il nuovo borgo (quartiere San Vincenzo), con l'aiuto di quegli stessi abitanti che, trovando condizioni di vita dignitose e protezione, coltivarono le terre feudali, crescendo di numero e aumentando le risorse.
Diversi feudatri si avvicendarono prima di Agatino Paternò Castello, che nel 1633 ricevette da Filippo IV di Spagna il titolo di Principe di Biscari: a lui si deve l'ampliamento dell'abitato verso l'interno dell'altopiano, realizzato secondo un disegno complessivo e unitario, un impianto urbanistico a maglie ortogonali, in cui gli edifici monumentali si inserirono armonicamente a conclusione scenografica degli spazi.
sala castello_ridottaIl castello venne ampliato, inglombando le primitive strutture; la fronte principale venne spostata sul lato sud, l'intera struttura abbellita, tanto da assumere la fisionomia di palazzo baronale di città. Vi fu annessa la Chiesa di San Giuseppe (che sarebbe poi stata dedicata a San Vincenzo), forse come ampliamento della cappella nobiliare.
Vennero inoltre edificate la Chiesa di Sant'Agata (incorporata nel 700 nel Collegio di Maria, oggi Istituto del Sacro Cuore, in via Duca d'Aosta), la Chiesa di Sant'Antonio (poi Chiesa del Carmelo, in pizza Crispi) ed infine la monumentale Chiesa Madre, dedicata al Patrono della Città San Nicolò.
Sotto il principato del successore di Agatino, Ignazio Paternò Castello, avvenne il terremoto del 1693, che dovette arrecare gravi danni agli edifici più monumentali: semidistrutta e ampiamente lesionata, del tutto crollate le volte del transetto (di cui restano gli archi, visibili sopra le Sacrestie Vecchie), la Chiesa Madre venne riedificata in forme più modeste. Danneggiato fu pure il Castello, specialmente nell'ala Nord ed Est.
chiesa di san vincenzo_ridotta
A Vincenzo Paternò Castello, succeduto al padre Ignazio nell'anno 1700, si deve l'ampliamento nel 1727 della Chiesa di San Giuseppe e la sua intitolazione a San Vincenzo, a seguito della collocazione in essa del corpo del Santo Martire, che ancora oggi vi è venerato. Durante questo suo principato venne edificato inoltre il Convento dei Frati Cappuccin (1737) ed il Collegio di Maria (1739), eretto sulla primitiva Chiesa di Sant'Agata, come già accennato.
L'attività edilizia promossa dai Principi di Biscari e l'espansione urbanistica del centro si accompagnarono ad un costante sviluppo economico che, sotto l'illuminata guida di Vincezo, conobbe particolare impulso. Infatti oltre alle tradizionali colture della canapa, del lino e del riso, fu voluta dal Principe una manifattura di tessuti di pregio.
La fisionomia di Biscari era così già delineata e completa di tutti i suoi monumenti e le linee di  espansione già tracciate.

 


Il Castello

 

A seguito dell'impegno profuso di più di un ventennio dalle diverse Amministrazioni susseguitesi alla guida del Comune di Acate, è stato di recente finalmente realizzato il restauro del Castello dei Principi di Biscari, restituito così alla fruizione della cittadinanza.
castello3Il risultato del restauro complessivo, curato dagli Architetti Rodofo Santoro ed Emanule Villanti, è stato condotto in maniera magistrale, nel sostanziale rispetto filologico del monumento, contemperando con equilibrio le valenze cultruali ed estetiche con le esigenze conservative e funzionali.
Rinato a nuova vita il Castello Biscari attende ora di essere riempito di contenuti: il corretto uso che si farà del monumento e le scelte che verranno operate, connoteranno certamente in senso positivo la vita culturale, sociale e anche produttiva di Acate nei prossimi lustri.
Ma parliamo ora del Castello.

I lavori di restauro hanno certamente confermato le diverse fasi costruttive, già agevolmente leggibili nelle strutture, fasi che traggono la loro ragione d'essere dalle vicende storiche del feudo, dei feudatari, del borgo.
Il nostro castello riassume infatti in sè i cinque secoli di vita di Biscari, connotata da tre momenti particolarmente significativi: la fondazione alla fine del quattrocento; la rifondazione secentesca; la ricostruzione post-terremoto nel settecento.

principe_ridottaL'atto i nascita del feudo e del Castello si legge nella lapide, un tempo murata nella nicchia dell'androne di accesso, ed oggi nella parete della Sala Agatino Paternò Castello, nell'ala speculare a questa dove ci troviamo In essa, datata 1494, si legge che "QVISTV CASTELLV ET SITV DI LA TERRA FICHI FABRICARI LV MAGNIFICV SIGNVRI GVLLM RAMVNDN LV CASTELLV".
Nel 1492 infatti Gugliemo Raimonda Castello aveva ricevuto la concessione di edificare un fortilizio con barbacani ed un borgo e di popolarlo e certamente grazie alle migliori condizioni di vita offerte dal luogo e dalle concessioni del barone, la costruzione del Castello e delle case fu compiuta in appena due anni.
Non è da escludere che vi fosse nel sito del Castello un presistente baglio fortificato, poi evolutosi nella forma del castello-fondaco, un'alta cinta quadrangolare, con torri agli angoli e con diversi ambientei addossati al suo perimetro interno ed affacciantesi sulla corte centrale, destinati ad abitazioni, magazzini per le derrate agricole e ricoveri per gli animali.
L'ingresso principale del Castello doveva allora essere quello nordo, direttamente aperto verso il primitivo borgo, edificato contestualmente sullo sperone roccioso, noto come quartiere San Vincenzo, riguardante il fondo valle verso quella contrada Canale-San Biagio, dove cospicue erano le tracce di vita associata già nei secoli precedenti.
Dell'edificio tardo quattrocentesco restano la torre di Nord-Ovest e parte della struttura muraria sul lato nord, mentre per il resto si deve pensare ad un inglobamento nelle opere successive.
La torre presenta un'alta base scarpata, separata dalla parte superiore cilindrica da uno spesso cordolo. Vi sono visibili alcune feritorie, mentre i finestroni, oggi murati, sono stati sicuramente aperti di età successiva. La merlatura è completamente scomparsa.
castello_ridottaData la collocazione di questa torre, riguardante l'intera valle, ci piace pesare che l'utilizzo come parte della Chiesa di San Vincenzo, di cui oggi costituisce la sacrestia, derivi da una persistenza culturale: era infatti uso che la Torre Mastra dei castelli medievali fosse dedicata alla Modonna (o ospitasse una cappella), affinchè proteggesse la fortezza e i suoi abitanti, costituendo l'ultimo baluardo per gli assediati.
Nell'arco di quasi 130 anni che intercorrono tra la fondazione ad opera di Guglielmo Raimondo Castello e l'assunzione della baronia da parte di Agatino Paternò Castello, si succedettero sette feudatari, dapprima della famiglia Castelli e poi dei Paternò Castello, fino al 1622, anno in cui - unica erede - ebbe la baronia Maria Paternò Castello.
All'età di undici anni Maria andò sposa allo zio, Agatino Paternò Castello, che assunse quindi la baronia per diritto maritale nel 1624. Il matrimonio fu concluso nel Castello di Biscari l'8 giugno 1623, il che conferma che esso fosse residenza stabile dei baroni, centro di un vasto e fertile feudo, dove gli usi civici sanciti col diploma regio del 1493, avevano consentito alla comunità di accrescersi, incrementando con suo lavoro le risorse baronali.
Particolare attenzione rivolse quindi Agatino Paternò al feudo: intraprese infatti l'opera di rifondazione del borgo, ribaltandone verso sul lo sviluppo, e di ampliamento del Castello, tanto che nel 1633, completata la ristrutturazione di entrambi, egli ottenne con privilegio del re Filippo IV l'elevaizone del feudo a principato.
Il titolo di Principe di Biscari conferiva ulteriore prestigio ad una figura già di grande rilievo nella vita politica ed amministrativa del vicereame, tanto da rivestire importanti cariche a Catania.

castello5L'ambiziono disegno della rifondazione della Terra di Biscari, al centro del quale l'ampliamento del Castello ed il mutamento della sua funzione, fu delineato secondo una concezione urbanistica esemplare, filtrata attraverso l'elaborazione teorica del Rinascimento italiano e la sperimentazione coloniale spagnola nelle Americhe e sancita nella legge di Filippo II del 3 giugno 1573.
La crisi economica e demografica del XV secolo aveva indotto la Spagna a porre in essere un progetto di ripopolamento delle campagne, avvalendosi del ceto baronale. E' significativo che tra i secoli XVI e XVII sorsero in Sicilia ben 130 centri abitati, molti dei quali con impianti urbanistici a maglie ortogonali.
Questo contesto politico, culturale ed economico sta alla base della decisione di Agatino Paternò Castello di adottare per Biscari (come già Vittoria Colonna Henriquez per Vittoria ) l'impianto ippodamèo, concepito unitariamente, con quartieri di case a schiera e talora a corte, e strade ortogonali, in espansione verso l'altopiano a Sud.
Gli stessi edifici monumentali, Chiese (Sant'Agata, San'Antonio e San Nicolò) e Castello, dovevano inserirsi armonicamente, a conclusione scenografica degli spazi, senza interrompere il tessuto urbano, perfettamente omogeneo e continuo, costituito dalle semplici abitazioni dei coloni: la casa contadina urbana ad unico ambiente, la cui tipologia perdutò immutata fino ai primi del 900.
Nella quadreia di Palazzo Biscari a Catania si conserva una grande tela di Autore ignoto, probabilmente del XVII secolo, che raffigura la pianta del borgo ed il Castello sicuramente nella sua conformazione antecedente al terremoto del 1693.
Il Castello vi appare differente dalle forme attuali, anche se l'impianto dell'edificio nella sua globalità rispetta il tracciato ed i volumi preesistenti.
Possiamo dunque dedurre quali furono gli elementi settecenteschi, costituendo il quadro un termine post quem e così delineare l'aspetto del Castello a seguito del rifacimento operato da Agatino Paternò. Sulla quattrocentesca struttura quadrangolare Agatino fece aggiungere verosimilmente due "viridari" (giardini) lungo i lati este (ancora oggi un cortile rettangolare) ed ovest; sempre sul lato ovest edificò la Chiesa di San Vincenzo verso il 1643, di dimensioni inferiori all'attuale, poco più di una cappella nobiliare.
castello2Realizzò su prospetto sud, divenuto quello principale, le due torri quadrilatere; creò quattro ambienti su quattro angoli interni del cortile, (non esistono nel quadro le logge del 1° piano sul cortile, nè il bastione delle carceri).
L'elevazione doveva essere quella attuale, consistenze in un 1° piano (il piano nobile) e di un ulteriore piano ribassato, che hanno mantenuto gli originari ordini di aperture (finestroni al primo piano e finestrelle al 2° piano). La fisionomia del palazzo del Principle in tutte le sue parti doveva essere simile al lato nord: un tanto austero, quanto imponente e nobile Palazzo di Città.

Il terremoto del 1693, avvenuto durante il principato di Ignazio Paternò Castello (successo al nonno Agatino nel 1676), sebbene a Biscari non provocò grandissimi danni e vittime, dovette tuttavia infliggere non lievi ferite agli edifici maggiori: la Chiesa Madre ed il Castello.
Del Castello dovette andare perduta l'intera ala este, la torre dell'angolo nord-este con la contigua parte del lato nord.
Vincenzo Paternò Castello, successo al padre nell'anno 1700, fece anzitutto ripristinare i merli e i parapetti crollati; edificò le carceri in corpo a forma di bastione all'angolo sud-est, proseguendo la costruzione dei "dammusa" lungo il lato est.castello4Nella corte intera vennero creati i due loggiati a tre archi e forse le garitte, identiche nei quattro angoli interni, di cui oggi solo una è esistente.
La modifica settecentesca più importante fu quella della facciata sud, dove le torri quadrangolari e l'avancorpo dell'ingresso vennero compresi nel filo continuo di un corpo basso avanzato basamentale lungo tutto il prospetto, con importante funzione statica di rafforzamenti di muri preesistenti e di raccordo fra le torri.
Su questo muro si aprono le finestre dalla sommità ad arco e dalle piatte cornici terminanti in basso a motivo curvilineo.
Cornici della stessa pietro di Comiso disegnavano le paraste e gli angoli delle torri, costituendo elemento coloristico, che conferisce sobria eleganza all'insieme.
Invariati dovettero rimanare i soprastanti ordini di aperture.
L'ingresso principale (portale a cornice piatta con arco a tutto sesto, sormontato da un balcone con portale a timpano spezzato) è probabilmente di età successiva.
Dal principato di Vincenzo in poi non vi sono stati interventi di particolare rilievo: il Castello rimase com'era, raggiungendo in epoche recenti lo stato di progressivo e totale abbandono. Il centro urbano continuò a crescere secondo le linee prefissate dal disegno seicentesco. Riguadagnato oggi alla collettività, auspichiamo che possa riqualificare lo spazio urbano circostante che pure, come abbiamo visto, presenta notevoli motivi di interesse.


Antiche ricette tradizionali

 

cassateddiCosolidatesi nel tempo, le tradizioni culinarie ci parlano dei prodotti della nostra terra e del lavoro dell'uomo, di una cultura materiale dellal vita dell'antica Biscari, i cui riflessi ancora sopravvivono nei piatti tramandatici dalle nostre nonne e dalle nostre madri.
Sono piatti che, elaborando i frutti della terra, raccontano le colture, le erbe spontanee, gli aromi, le forme di allevamento, la povertà dei molti e il benessere di pochi, costituendo nel loro insieme la presistenza di una memoria storica attraverso la sopravvivenza ed il consapevole recupero di antichi sapori. Molti sono i cibi tipici, comuni ai diversi luoghi della nostra Isola, ma pur peculiari in quanto frutto dell'opera millenaria che ha costruito il nostro paesaggio agrario. Sono i piatti abituali dei nostri nonni, ora semplici, ora più elaborat, cui accenniamo brevemente, che è possibile ancora gustare ad Acate.
Primi piatti poveri:
- pasta a sugu fintu (condita con estratto di pomodoro e cipolla ed arricchita eventulmente con uovo sbatturo)
-pasta con le patate
-pasta con le verdure coltivate o spontanee (tinniruma, amaredde, vurranie..)
-pasta con i legumi (ceci, fave, lenticchie)
-pasta ca' sarsa ("con la salsa":pomodoro, aglio e basilico)

Primi piatti ricchi:

- U tianu ("il tegame": pasta al forno fatta entro un tegame di terracotta, impastata con sugo di carne e ricotta: era il piatto per le festività importanti)
- i baddotti di riso: piatto tipico per la festa di San Giuseppe. Sono pallotte di riso impastato con la ricotta e l'uovo ed aromatizzato con cannella e prezzemolo, quindi cotte in brodetto di carne)

Secondi piatti:

- maiale al sugo
- agnellone al sugo
- salsiccia arrosto o al sugo
- cotolette panate di manzo o pollo
-
cunigghiu a' stemperata (coniglio con stemperata)
- sarde a' beccaficu
- raia a' stemperata (razza pietrosa in stemperata)
- tunnina soffritta con cipolla (tonno fresco affettato)
- minus fritta (neonati di pesci in frittura)

Contorni:

- fungi di carruba
- caponatina
- carciofi bolliti o arrostiti alla brace
- olive incamitate

Conserve:

- olive verdi in salamoia con menta
- olive nere salate
- pomodori salati seccati al sole
- melanzane con la menta
- caponatina
- carciofi sott'olio
- capperi sottosale o sottaceto
- chiappe di ficu
- cotognata in formelle di ceramiche

Dolci
- A' cicerata
- A' pagnuccata
- u' biancomangiare (budino)
- i friteddi di San Martino (pasta morbida con semi di finocchio selvatico, passate nello zucchero dopo la  frittura)
- latte di mandorle
- A' giurgiulena (torrone con semi di sesamo)
- U' turruni di mandorle
- i cassateddi
- i mastazzola
- a mustata (mosto cotto con mandorle e cenere di frasche ed aromatizzata con cannella, in formelle di ceramica)
- cestini di pasta dolce con uova sode (per la Pasqua)
- mitilugghie dolci (pasta di pane fritta e zuccherata)


Archivio Fotografico

 

(foto Parroco don Rosario Di Martino)

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